“A volte il mio cervello elabora le cose difficili. Ho solo bisogno di più tempo. E a scuola tutto deve essere veloce. Devi sempre sapere cosa succederà dopo e può essere difficile fare amicizia. Mio padre è sempre stato il mio più grande sostenitore. Veniva nella mia stanza di notte e parlavamo per ore. Mi diceva: “Le tue storie ti renderanno famoso un giorno.” Mostrava i miei scritti ad amici e parenti e ricevevo i complimenti. Non sapevo cosa fare dopo la sua morte. Sono rimasta nella mia stanza per sei anni. Ho scritto trentuno storie. Tutto quello che ho fatto è stato scrivere. Uscivo soltanto per mangiare. Non parlavo a nessuno. L’anno scorso mia sorella mi ha convinto a visitare uno studio d’arte per persone con bisogni speciali. Mi chiedeva ogni giorno, finché un giorno alla fine mi ha detto: “Vado in studio e tu vieni con me.” All’inizio stavo in un angolo. Dopo tanti anni passati a fare niente, è stato difficile per me vedere la gente divertirsi. Era come una rabbia ardente e poi è uscito in lacrime.
Ho deciso di unirmi al gruppo. Lo studio mi ha aperto di nuovo lentamente il mondo. Ho iniziato a fare amicizia. Mi resi conto che erano successe così tante cose mentre ero rinchiuso. E mentre alcune cose muoiono, vengono create altre cose. Capisco ora quanto è bello. E ho iniziato a parlare di nuovo. Per molto tempo mia sorella mi ha pregato: “Per favore Asma, di’ qualcosa.” Ora mi vorrebbe parlare di meno”.
Questa era una parte della vita di Asma, una donna emirata con bisogni speciali, ispirata e sopportata dalla sua famiglia. nella nostra società abbiamo un sacco di Asma di cui dobbiamo prendersi cura. è già tempo per abbattere le barriere e creare programmi che incoraggiano e responsabilizzano le persone con disabilità a garantire posti di lavoro e pianificare il futuro.