Slitta al 3 dicembre la sentenza su Rigopiano, lo spettro prescrizione

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    Slitta al 3 dicembre la sentenza della Cassazione nel procedimento legato alla strage di Rigopiano in cui persero la vita 29 persone a causa di una valanga che travolse un hotel il 18 gennaio del 2017.

    I giudici della sesta sezione, dopo avere ascoltato gli interventi di tutti gli avvocati difensori, hanno deciso di rinviare la decisione alla prossima settimana alla luce della “complessità del processo” e del numero di posizioni da vagliare.

    Una sentenza attesa da tanti familiari presenti in Cassazione e su cui grava anche lo spettro della prescrizione per alcune accuse. I giudici dovranno infatti decidere in merito alle richieste avanzate nell’udienza di mercoledì dal sostituto procuratore generale. Il rappresentante dell’accusa ha chiesto un appello bis per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, condannato ad 1 anno e 8 mesi per rifiuto di atti d’ufficio e falso, per valutare anche le accuse di concorso in omicidio colposo, in lesioni colpose e in depistaggio per le quali è stato assolto in Appello.

    Il pg ha, inoltre, sollecitato l’annullamento delle assoluzioni nei confronti di sei persone, rappresentanti dell’autorità regionale di protezione civile dell’Abruzzo e la conferma delle condanne dei dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (entrambi 3 anni e quattro mesi), dell’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso (6 mesi) e del tecnico del comune, Enrico Colangeli (2 anni e otto mesi per entrambi).

    Chiesto un nuovo processo di secondo grado anche per il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta. Richieste che sembrano portare la lancetta all’indietro con il ritorno alla prima ipotesi accusatoria della Procura di Pescara. 

    In merito alla posizione dell’ex prefetto, il suo difensore, l’avvocato Giandomenico Caiazza, ha affermato in aula che “sul nesso causale tra la convocazione, diamolo per scontato, non corretta dell’Organismo (il centro di coordinamento soccorsi ndr) e l’evento tragico, non c’è nessun elemento che faccia propendere per questa ipotesi perché l’indisponibilità della turbina non è stata mai comunicata dalla Provincia alla Prefettura di Pescara”. 

    Parole arrivate a 24 ore di distanza da quelle del Pg, Giuseppe Riccardi, che nel corso della sua requisitoria ha affermato che in quel tragico giorno “il pericolo valanghe era forte, livello 4, e venne comunicato alla prefettura. Non c’era un vero allarme rosso ma sussisteva un pericolo forte che rendeva necessario istituire il Ccs e la sala operativa, che avrebbe reso possibile approntare misure, come la chiusura di strade e l’invio dell’esercito come poi è stato fatto”.

    Dal canto suo il presidente del Comitato vittime, Gianluca Tada, ha affermato che “il prefetto Provolo era la massima autorità sul territorio, poteva fare qualcosa e non l’ha fatto. Ha fatto un danno non solo al ministero, ma a tutti gli italiani. Siamo stati sempre convinti delle sue responsabilità. La requisitoria del procuratore generale in Cassazione non fa che confermare le nostre convinzioni. Ora, però, c’è la scure della prescrizione. Cerchiamo di salvare il salvabile”.

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