A Milano entro gennaio arriveranno 600 uomini e donne delle forze dell’ordine. Seicento aggiuntivi rispetto al turnover e quindi non per sostituire chi va in pensione o viene trasferito. La decisione era stata presa “da tempo”, ha sottolineato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, quindi prima delle proteste nel quartiere di Corvetto scoppiate dopo la morte di Ramy Elgaml, deceduto per una caduta dallo scooter mentre era inseguito dai carabinieri, ma è stata annunciata al termine del vertice che si è tenuto in prefettura sugli avvenimenti degli ultimi giorni.
Al tavolo, oltre al prefetto Sgaraglia e a Piantedosi, il sindaco Giuseppe Sala, il capo della Polizia Vittorio Pisani e tutti i vertici delle forze dell’ordine che hanno delineato un piano simile a quello già avviato a San Siro, altro quartiere problematico della città: con un mix di controlli, sgomberi (in città, ha ricordato Sala, ci sono 60 mila alloggi popolari per cui c’è bisogno di fondi) e progetti sociali rivolti in particolare ai giovani e agli stranieri.
Intanto è stato scarcerato e messo ai domiciliari il 21enne montenegrino arrestato per gli incidenti della notte fra il 25 e il 26 novembre mentre è stata organizzata una raccolta fondi per aiutare il carabiniere che guidava l’auto all’inseguimento dello scooter da cui è caduto Ramy indagato, a garanzia, per concorso in omicidio così come il tunisino che guidava la moto. Proprio per Ramy sui social del coordinamento antirazzista sta girando la convocazione di una fiaccolata al Corvetto in piazzale Gabrio Rosa domenica prossima.
“Bisogna fare due cose: continuare a lavorare sulle difficoltà e sulle logiche di una migliore integrazione e dobbiamo far rispettare le nostre regole” ha sintetizzato Sala confermando che, dopo la telefonata di condoglianze già fatta, vedrà i familiari di Ramy di cui “abbiamo apprezzato le parole – ha ribadito – che potevano incendiare gli animi e hanno cercato di non buttare benzina ma acqua sul fuoco”. “Se la destra pensa che sia sufficiente lavorare di repressione, io non posso essere d’accordo” ha aggiunto. Critica a cui ha replicato il presidente della Regione Attilio Fontana secondo cui è “lanciare critiche generiche” è “estremamente sbagliato ma soprattutto inutile ad affrontare il problema”.
Uno dei punti su cui Sala e Piantedosi si sono trovati d’accordo è che le rivolte delle banlieue parigine sono un’altra cosa rispetto alle proteste milanesi anche se i “segnali” non vanno sottovalutati. Certo Milano ha problemi, con una popolazione con il 20% di stranieri, cioè il doppio della media italiana, e un 65% di reati commesso da stranieri ma, come ha sottolineato il capo del Viminale, “non è fuori controllo”.
“Non va bene parlare di banlieue ma non va bene neanche chiudere gli occhi e far finta che va tutto bene. Non mi spingo a dire che Milano è una città sicura e non ha problemi, ma non serve a nulla crocifiggerla. Ci vuole tanta, tanta attenzione.
Dobbiamo lavorare” ha osservato Sala, e questo tenendo conto che l’immigrazione è un fatto storico e Milano “ne ha bisogno” altrimenti “chi manda avanti la città nei lavori che i nostri figli non vogliono più fare?”.
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