Massiccio raid russo, 190 missili. Svolta di Biden sugli Atacms. Critiche dai fedelissimi di Trump

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    Negli ‘Intoccabili’ Al Capone, interpretato da Robert De Niro, in apertura del film ai giornalisti raccontava che, dov’era cresciuto lui, si otteneva molto di più con “una parola gentile e una pistola” che solo con una parola gentile. Ecco, Vladimir Putin è un po’ così.

    Scholz non ha fatto in tempo ad abbassare la cornetta – “il presidente ha più volte affermato di essere aperto al dialogo” ha ribadito oggi il Cremlino – che sull’Ucraina sono piovuti 120 missili e 90 droni. L’attacco, uno dei più massicci, ha causato ingenti danni alle infrastrutture energetiche e almeno 10 vittime anche nelle zone occidentali del Paese tanto che la Polonia ha fatto decollare i caccia a scopo precauzionale.

    Si è superato il limite per Joe Biden che, dopo mesi di rifiuti e a due mesi dall’insediamento di Trump, ha autorizzato Kiev a usare i missili a lungo raggio americani Atacms, con una gittata fino a 300 chilometri, per colpire in Russia. Secondo i funzionari Usa le armi probabilmente saranno dispiegate all’inizio contro le truppe russe e nordcoreane in difesa delle forze ucraine nelle regione di Kursk. L’Ucraina prevede di condurre i suoi primi attacchi a lungo raggio nei prossimi giorni, senza però rivelare dettagli per motivi di sicurezza operativa. Putin aveva messo in guardia a settembre sull’autorizzazione all’uso di Atacm spiegando che Mosca lo considererebbe come una “partecipazione diretta” dei Paesi della Nato alla guerra in Ucraina. Ma la decisione di Biden non piace neanche ai fedelissimi di Trump: “Un’escalation prima di lasciare” la presidenza, attacca su X il repubblicano Richard Grenell.

    Secondo il ministro dell’Energia Herman Halushchenko, Mosca ha preso di mira “la produzione di energia e la rete di trasmissione in tutta l’Ucraina”, facendo scattare interruzioni di emergenza in varie regioni, con black-out previsti anche nei prossimi giorni. Il ministero della Difesa russo ha precisato di aver preso di mira “le infrastrutture energetiche ucraine che alimentano l’operatività del complesso militare-industriale e le imprese che fabbricano mezzi bellici” nonché “gli aeroporti militari e gli impianti di produzione di gas”. “I terroristi russi – ha accusato Volodymyr Zelensky – hanno utilizzato droni di vario tipo, in particolare gli Shahed, ma anche missili da crociera, balistici e ipersonici, come gli Iskander, Zirkon e Kinzhal”.

    “Le nostre forze di difesa hanno distrutto più di 140 obiettivi e siamo grati alla nostra aviazione – piloti di F-16, Sukhoi e MiG – e ai gruppi di fuoco mobili, alle unità di guerra elettronica: tutti hanno lavorato in modo organizzato”, ha dichiarato Zelensky. Ma non è bastato a neutralizzare del tutto l’assalto.

    La portata dell’attacco fa alzare l’allerta anche all’Aiea: “I massicci raid russi in tutto il paese mettono ulteriormente sotto pressione la sicurezza nucleare”, avverte Rafael Grossi. La svolta americana potrebbe, se non cambiare l’esito del conflitto, dare un chiaro segnale a Putin e ai suoi alleati, a partire dalla Corea del Nord. Anche perché, mette in guardia Bloomberg, la Corea del Nord potrebbe inviare fino a 100.000 soldati per aiutare la Russia, se l’alleanza fra Mosca e Pyongyang continuerà a crescere. Il tema sarà in parte al centro dell’incontro a Rio fra il cancelliere tedesco e il presidente cinese Xi Jinping.

    Olaf Scholz farà pressione sul leader cinese affinché usi la sua influenza per evitare un’ulteriore escalation della guerra. Preghiere che sinora non hanno sortito un gran effetto. Anzi. L’Ue ha fornito ai Paesi membri prove “credibili” che in Cina opera una fabbrica di droni di tipo militare di proprietà di una compagnia russa (l’Almaz-Antey), sebbene non sia ancora del tutto chiaro se i droni siano stati già usati in Ucraina. Si tratta ad ogni modo di uno sviluppo preoccupante e sarà oggetto di discussione domani al Consiglio Affari Esteri di Bruxelles, con alcune capitali che chiedono già “conseguenze” attraverso “l’intero arco di strumenti a disposizione”.

    E se i grandi della terra si vedono a Rio per il G20, l’opposizione russa è invece scesa in piazza Berlino. Guidati dalla vedova di Alexei Navalny, Yulia Navalnaya, circa 2.000 sostenitori hanno sfilato per le strade della capitale tedesca – dove vivono in esilio molti attivisti – nonostante il cielo scuro, scandendo ‘No alla guerra’ e ‘Russia senza Putin’, terminando il corteo davanti all’ambasciata russa.

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