La banda pro al Qaeda: sotto i 30 anni gli arrestati per terrorismo, a capo una ragazza

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    Si sono radicalizzati inneggiando alla Jihad islamica senza frequentare moschee o altri luoghi di preghiera fisici, ma attraverso propaganda online, in particolare nei lunghi mesi di solitudine del Covid davanti agli schermi di pc e cellulari. Così cinque giovanissimi, uno anche minorenne, hanno formato una associazione terroristica denominata “Da’Wa Italia”, cioè “Chiamata alle armi Italia”. A capo una ragazza, ventenne di origine pachistana residente a Bologna. 

    A sgominare la banda un blitz del Ros dei carabinieri che alla vigilia di Natale ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti degli indagati residenti a Bologna, Spoleto, Monfalcone e Milano. Il provvedimento è stato emesso dal gip del Tribunale di Bologna su richiesta della Procura bolognese, Dipartimento antiterrorismo, che ha diretto l’indagine – partita a settembre 2023 – con il coordinamento della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo. 

    I cinque sono ritenuti, a vario titolo, responsabili di avere costituito ovvero fatto parte di un’associazione terroristica dedita alla promozione, al consolidamento e al rafforzamento delle formazioni terroristiche “Al Qaeda” e “Stato Islamico”.

    I cinque indagati, di cui quattro sono finiti in carcere mentre un quinto ha lasciato il Paese per il Corno d’Africa al momento di esecuzione del provvedimento, sono tutti under 30, uno minore. Secondo quanto emerso, nessuno di loro proveniva da famiglie con particolari difficoltà economiche o disagio sociale. Tutti erano ben inseriti nel tessuto sociale delle loro città.

    Tra gli elementi insoliti il fatto che a guidarli ci fosse una ragazza. Una ventenne di origine pachistana, residente a Bologna, iscritta a un istituto superiore ma senza aver completato gli studi. La giovane si sarebbe radicalizzata online durante il Covid. Per lei gli inquirenti evidenziano il “particolare attivismo” e “l’incessante opera di proselitismo”.

    Fin da subito ha coinvolto un’altra ragazza di origine algerina cresciuta e residente a Spoleto, insieme alla quale avrebbe formato il gruppo di propaganda “Da’wa”. Poi avrebbe tirato dentro suo fratello, minore. Oltre a loro facevano parte del gruppo un giovane di origine turca che abitava a Monfalcone e un ragazzo di origine marocchina cresciuto a Milano, radicalizzato al punto che risulta già partito per unirsi alle milizie jihadiste Corno d’Africa.

    Per il 27 dicembre a Bologna sono fissati gli interrogatori di garanzia di due dei cinque arrestati. Tra questi la giovane residente a Bologna, difesa dall’avvocato Simone Romano. Le indagini proseguono: i pc e gli altri dispositivi sequestrati a casa dei ragazzi aiuteranno gli investigatori a capire quali connessioni avessero a livello italiano ed europeo.

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