“Crediamo che una riforma della Costituzione non solo non sia necessaria, per nulla necessaria, ma addirittura sia dannosa, uno strappo a quel tessuto costituzionale che ci ha retto per tutti questi anni. Lo ha detto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia al convegno al Consiglio dell’Ordine dei giornalisti “Giustizia, informazione a rischio. Tutte le criticità introdotte dalle nuove norme”.
Per Santalucia “si crea uno squilibrio tra i poteri dello Stato per gli argomenti che spenderemo in tutte le sedi possibili come abbiamo fatto finora”. Se ci sarà il via libera alla separazione delle carriere “ci muoveremo in attuazione del deliberato della nostra assemblea straordinaria di dicembre e quindi cercando in tutti i modi di veicolare le ragioni di contrarietà. Nessuna protesta di arroccamento, di chiusura arrogante alla riforma. Il Parlamento ha tutto il diritto di riformare anche la Costituzione, credo che però, siccome si andrà probabilmente al referendum, l’ampliamento del dibattito sulle ragioni di questa riforma possa essere prezioso sia per chi è fautore della riforma sia per noi che siamo contrari. Quindi contribuiremo a che il referendum sia una scelta quanto più consapevole”, ha sottolineato il presidente dell’Anm.
In merito alla cosiddetta ‘norma bavaglio’ per impedire ai giornalisti di pubblicare integralmente il testo delle ordinanze di custodia cautelare, Santalucia ha commentato: “Io credo che si sia creato, con la normativa recente, uno squilibrio tra esigenze che devono essere bilanciate ed egualmente tutelate: il diritto-dovere dell’informazione e tutelare il più possibile la riservatezza e i diritti individuali dei soggetti coinvolti nell’accertamento penale”.
È stata, ha affermato, una “negligenza del legislatore perché sta trascurando un giusto equilibrio.. Non è in discussione il valore della presunzione d’innocenza, ma la scelta di bilanciamento tra i valori che sono in gioco. A mio giudizio hanno creato uno squilibrio a favore del diritto alla privacy in danno del diritto collettivo di essere informati su quello che avviene nei palazzi di giustizia”.
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