“Avevo 12 anni, vivevo nel cuore della Genova bene, quando sono stata violentata fisicamente e psicologicamente tra le mura di casa mia”. E’ iniziato così l’intervento di Francesca Ghio, consigliera comunale della lista Rossoverde, in aula rossa in Comune a Genova. Ghio ha parlato nell’ambito di un ordine del giorno sul tema della violenza sulle donne presentato dalla collega del gruppo Misto, Arianna Viscogliosi, e ha raccontato la propria esperienza personale.
“Per un pezzo di vita mi sono rassegnata, fino a credere che me lo ero meritata, me la sono cercata, non so bene come, ma non avevo alternativa” ha detto Francesca Ghio leggendo un testo che alcuni, per qualche minuto, hanno creduto fosse un racconto riportato.
Poi è stata la stessa consigliera a chiarire: “Importa che sia successo a me o qualcun altro? Comunque, sì, sono io quella bambina di 12 anni”. Francesca Ghio, dice ancora nel suo intervento: “non ho mai denunciato quell’uomo, un dirigente genovese, il nostro bravo ragazzo, non sapevo neanche cosa fosse una denuncia a 12 anni. Mi guardo indietro oggi e a distanza di decenni nulla è cambiato. Gli uomini continuano a violentare.
Nel silenzio complice di una società che non da gli strumenti, che non vuole fermarsi a capire”.
La consigliera comunale, una delle più combattive esponenti della minoranza in consiglio comunale a Genova, che nei mesi scorsi era riuscita, da neomamma, a far approvare un regolamento che consentiva anche ai neogenitori, uomini e donne, di partecipare alle sedute di consiglio da remoto, ha spiegato il perché della sua testimonianza che si conclude con una citazione della canzone Bandiera, della cantautrice e attivista femminista Giulia Mei: “Io sono una voce, sono una bandiera, il mio corpo è politico – spiega Ghio a chi le chiede la ragione del suo gesto – qua dentro sono chiamata a rappresentare la città, le persone.
Una donna su tre subisce violenza nella propria vita. Chi ha voce e il privilegio della visibilità, come in questo caso la mia posizione qua dentro permette, deve parlare per chi non può farlo”.
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