La nave Libra con 8 migranti verso l’Albania, nuovi stop dai giudici

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    Il governo ci riprova. Viaggiano 8 migranti sulla Libra, il pattugliatore di 80 metri della Marina Militare che arriverà nelle prime ore di venerdì nel porto di Shengjin in Albania. Sono i nuovi candidati da sottoporre alla procedura accelerata di frontiera in un Paese terzo, un unicum in Europa. In Italia, intanto, i giudici continuano però a bocciare i trattenimenti dei richiedenti asilo, nonostante il decreto varato dal governo che ha ridefinito per legge la lista dei Paesi sicuri: oggi è stato il tribunale di Palermo a disporre la liberazione di un senegalese e di un ghanese.

    Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, valuta nuovi ricorsi e non molla: “stiamo semplicemente anticipando un regolamento europeo che ci chiede 8mila posti per il trattenimento/accoglienza di migranti”. Nel suo secondo viaggio la Libra trasporta la metà degli stranieri rispetto al primo. E l’opposizione attacca. “Ci troviamo di fronte ad un’operazione di propaganda politica che sperpera denaro pubblico. Un viaggio che costa ben 36 mila euro a migrante”, dice Angelo Bonelli (Avs). Una linea condivisa dal segretario di Più Europa, Riccardo Magi: “siamo alle comiche, se non fosse che i Cpr albanesi sono fuori dal diritto europeo e costano ben 1 miliardo di euro ai contribuenti italiani”.

    Piantedosi dà una spiegazione. Se ci sono poche persone da portare in Albania è perché lo screening fatto a bordo della nave, con “la verifica delle vulnerabilità e delle condizioni che devono ricorrere” perché il trasferimento possa avvenire, è “molto severo e ciò comporta che il numero di migranti prelevati sia tarato per difetto piuttosto che per eccesso”. E’ servita anche la prima esperienza, quando dei 16 scelti, 4 non avevano i requisiti. E c’è una novità: “alcune decine di persone – ha aggiunto – le abbiamo escluse perché hanno tirato fuori il documento d’identità per evitare il trattenimento. C’è stata quindi una deterrenza e tutto ciò è finalizzato a creare le condizioni per il rimpatrio”.

    La possibilità di trattenere i richiedenti asilo è infatti limitata a chi non si fa identificare. Cosa che in diversi facevano per chiedere asilo e far perdere poi le proprie tracce in attesa dell’esito della domanda. Ora invece rischiano di finire in Albania. Una volta arrivati a Shengjin per gli 8 scatterà la trafila già sperimentata lo scorso 16 ottobre: screening sanitario e procedure per l’identificazione nell’hotspot e poi trasferimento a Gjader dove saranno trattenuti in attesa dell’esito della domanda di asilo. Ma il trattenimento disposto dal questore di Roma dovrà essere convalidato dai magistrati della sezione immigrazione del tribunale della Capitale. Domenica potrebbe esserci la decisione.

    Il 18 ottobre i giudici hanno liberato i 12 richiedenti per “l’impossibilità di riconoscere come Paesi sicuri gli Stati di provenienza delle persone trattenute”. Anche in seguito ad una sentenza della Corte europea di giustizia del 4 ottobre che ha ristretto i requisiti perché un Paese possa ritenersi sicuro. Il governo tre giorni dopo ha approvato un decreto confidando di superare così la pronuncia Ue. Ma non è stato così. Dopo Bologna, Roma e Catania nei giorni scorsi, oggi è stato il tribunale di Palermo a liberare due migranti e chiedere chiarimenti a Lussemburgo sulla nozione di Paese sicuro, strumento “che permette di incanalare in modo rapido le domande proposte da richiedenti provenienti da un determinato paese nella procedura accelerata”, ma questo “modo di procedere non è giustificato per i Paesi che presentino situazioni critiche per il fatto che una parte della popolazione sia ordinariamente esposta a rischi di persecuzione”.

    Il Viminale ha fatto ricorso in Cassazione contro le decisioni del tribunale di Roma sui primi 12 migranti portati in Albania. E probabilmente lo farà anche nei casi successivi: questa volta si rivolgerà alla Corte d’appello, come previsto dal dl sui Paesi sicuri. “Le questioni giudiziarie si risolvono attraverso percorsi giudiziari”, è la posizione di Piantedosi. La data da segnare è ora quella del 4 dicembre, quando la Cassazione potrebbe sciogliere il nodo.

    Gli ermellini si dovranno infatti pronunciare su un interpello avanzato proprio dai giudici della sezione immigrazione romana per decidere se possono mantenere una certa discrezionalità nella valutazione di un Paese sicuro o dovranno semplicemente attenersi alla lista del ministero degli Esteri (ora in quella contenuta nel decreto legge). Nel frattempo è però probabile che continueranno a non convalidare i trattenimenti.

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